La lettera dei genitori al figlio che non c'è più
27 Marzo 2014 scrivi un commento
Un anno fa decideva di togliersi la vita F.T., un giovane roveretano. I suoi genitori hanno mandato una lettera al nostro giornale scritta come se fosse direttamente inviata al giovane. Abbiamo deciso di pubblicarla perché si tratta di un appello a tutti i giovani perché si rimettano in gioco affrontando con i propri genitori i problemi. Abbiamo però deciso di mettere solo le iniziali del ragazzo, per non alimentare inutili morbosità rispetto a un gesto tragico e drammatico.
LA LETTERA
«Ciao F. - scrivono i genitori - è passato un anno da quando hai deciso di lasciarci e di non combattere più per i tuoi sogni.
È passato un anno in cui noi ci siamo macerati nella ricerca di una risposta all'unica domanda che, ormai, ci rimane nella mente, ossia «perché». Una domanda che rimarrà senza una risposta per sempre, per il solo fatto che tu non sei qui a darci una conferma alle nostre ipotesi. Una domanda che è figlia del vostro modo di vivere i vari momenti della vita. Come hai avuto modo di scriverci nel tuo ultimo testo, «in questa vita, non c'è nulla che valga la pena di essere vissuto o per cui valga la pena vivere, a parte voi».
Questa è una delle cose che più ci fanno stare male. Evidentemente non era abbastanza. Noi abbiamo le nostre colpe, su questo non c'è dubbio, colpe che sono anche figlie del tempo che viviamo: un tempo in cui si sostituiscono gli affetti ed il piacere di stare assieme con la pratica sui «social». Tu eri particolare, sensibile, intelligente, sveglio e particolarmente voglioso di vita, di affetto, di attenzione e di ritrovare un caposaldo a cui fare riferimento, ma l'hai cercato nei posti sbagliati. Non ti sei accorto che gli unici «paletti» a cui potevi appoggiarti eravamo noi, i tuoi genitori, quelli che tu consideravi ormai «vecchi» e poco propensi a capire le tue esigenze ed i tuoi problemi. Ci preoccupavamo, magari cercavamo di importi alcune cose che non condividevi, anche dopo averne discusso. Non abbiamo mai cercato di importi scelte fatte da noi e ti abbiamo sempre lasciato la libertà di agire e di muoverti come meglio credevi, cercando di lasciarti più libero possibile perché ti prendessi le tue responsabilità ed i tuoi spazi. Forse abbiamo sbagliato e dovevamo imporci in maniera più netta e decisa ma eravamo convinti, come lo siamo tutt'ora, che eri in grado di capire e di autoregolarti. Una cosa non avevamo capito, ed abbiamo pagato a caro prezzo, ossia che eri più convinto che i tuoi riferimenti fossero gli amici invece di essere noi. L'hai capito anche tu, anche se troppo tardi, e quando ti sei accorto che alcuni di quelli che consideravi «amici» sfruttavano te e ti usavano, la delusione è stata talmente forte da farti perdere il senso del reale.
L'errore è stato quello di non averci considerati come «tuoi amici» ma solo come genitori. Ossia coloro che servono solo a mantenerti agli studi e farti avere i soldi per divertirti con gli amici, quelli veri, quelli che condividono le tue paure, le tue ansie, i tuoi problemi. Ma quelli che, alla vostra età, sono problemi giganteschi, alla nostra sono elementi che non consideriamo nemmeno, tanto sono minimi. Se è vero che le generazioni non sono confrontabili è vero che noi abbiamo superato problemi simili ed abbiamo trovato strade che possiamo indicarvi. Se voi ci permettete di farlo e ci parlate delle vostre paure, se ci permettete di capire cosa pensate e come vorreste affrontare questo mondo.Non siamo un bancomat a cui chiedere soldi, una trattoria in cui andare a mangiare o un rifugio dove trovare un letto per dormire. Siamo i vostri genitori, coloro che hanno abdicato alla loro vita propria per vivere una vita diversa assieme a voi, coloro che, se vi serve qualcosa, abbandonano tutto per darvi una mano, che fanno sacrifici perché troviate una strada più pianeggiante ma, evidentemente, non siamo in grado di comunicarvi questa volontà, oppure voi non riuscite a capirlo.
Quando siete nati, tu e tua sorella, alla dimissione dall'ospedale ci hanno dato un sacchetto con pannolini, creme ed altre cose di prima necessità ma mancava il «manuale di istruzioni del bravo genitore» (non l'hanno ancora stampato) e, quindi, abbiamo dovuto arrangiarci e cercare di fare del nostro meglio per affrontare una vita che nessuno ci aveva insegnato prima.
Ora ti dobbiamo lasciare ma vorremmo chiederti un ultimo piacere. Tu che ti sei tanto prodigato e speso per i tuoi amici, prova a far capire che noi genitori non siamo quella «palla al piede» che loro pensano, che quello che facciamo e diciamo non è per darvi fastidio e per ostacolarvi, che se vi chiediamo «cosa c'è» non è per farci gli affari vostri ma solo perché siamo preoccupati per voi. Noi siamo sempre qua ad aspettare che voi vi degnate di parlarci, di farci sapere cosa avete intenzione di fare, manifestarci i vostri problemi per poterne discutere assieme. Sarebbe un ultimo grande regalo che faresti a tutti noi genitori.
Grazie Fede. Mamma e papà».
«Ciao F. - scrivono i genitori - è passato un anno da quando hai deciso di lasciarci e di non combattere più per i tuoi sogni.
È passato un anno in cui noi ci siamo macerati nella ricerca di una risposta all'unica domanda che, ormai, ci rimane nella mente, ossia «perché». Una domanda che rimarrà senza una risposta per sempre, per il solo fatto che tu non sei qui a darci una conferma alle nostre ipotesi. Una domanda che è figlia del vostro modo di vivere i vari momenti della vita. Come hai avuto modo di scriverci nel tuo ultimo testo, «in questa vita, non c'è nulla che valga la pena di essere vissuto o per cui valga la pena vivere, a parte voi».
Questa è una delle cose che più ci fanno stare male. Evidentemente non era abbastanza. Noi abbiamo le nostre colpe, su questo non c'è dubbio, colpe che sono anche figlie del tempo che viviamo: un tempo in cui si sostituiscono gli affetti ed il piacere di stare assieme con la pratica sui «social». Tu eri particolare, sensibile, intelligente, sveglio e particolarmente voglioso di vita, di affetto, di attenzione e di ritrovare un caposaldo a cui fare riferimento, ma l'hai cercato nei posti sbagliati. Non ti sei accorto che gli unici «paletti» a cui potevi appoggiarti eravamo noi, i tuoi genitori, quelli che tu consideravi ormai «vecchi» e poco propensi a capire le tue esigenze ed i tuoi problemi. Ci preoccupavamo, magari cercavamo di importi alcune cose che non condividevi, anche dopo averne discusso. Non abbiamo mai cercato di importi scelte fatte da noi e ti abbiamo sempre lasciato la libertà di agire e di muoverti come meglio credevi, cercando di lasciarti più libero possibile perché ti prendessi le tue responsabilità ed i tuoi spazi. Forse abbiamo sbagliato e dovevamo imporci in maniera più netta e decisa ma eravamo convinti, come lo siamo tutt'ora, che eri in grado di capire e di autoregolarti. Una cosa non avevamo capito, ed abbiamo pagato a caro prezzo, ossia che eri più convinto che i tuoi riferimenti fossero gli amici invece di essere noi. L'hai capito anche tu, anche se troppo tardi, e quando ti sei accorto che alcuni di quelli che consideravi «amici» sfruttavano te e ti usavano, la delusione è stata talmente forte da farti perdere il senso del reale.
L'errore è stato quello di non averci considerati come «tuoi amici» ma solo come genitori. Ossia coloro che servono solo a mantenerti agli studi e farti avere i soldi per divertirti con gli amici, quelli veri, quelli che condividono le tue paure, le tue ansie, i tuoi problemi. Ma quelli che, alla vostra età, sono problemi giganteschi, alla nostra sono elementi che non consideriamo nemmeno, tanto sono minimi. Se è vero che le generazioni non sono confrontabili è vero che noi abbiamo superato problemi simili ed abbiamo trovato strade che possiamo indicarvi. Se voi ci permettete di farlo e ci parlate delle vostre paure, se ci permettete di capire cosa pensate e come vorreste affrontare questo mondo.Non siamo un bancomat a cui chiedere soldi, una trattoria in cui andare a mangiare o un rifugio dove trovare un letto per dormire. Siamo i vostri genitori, coloro che hanno abdicato alla loro vita propria per vivere una vita diversa assieme a voi, coloro che, se vi serve qualcosa, abbandonano tutto per darvi una mano, che fanno sacrifici perché troviate una strada più pianeggiante ma, evidentemente, non siamo in grado di comunicarvi questa volontà, oppure voi non riuscite a capirlo.
Quando siete nati, tu e tua sorella, alla dimissione dall'ospedale ci hanno dato un sacchetto con pannolini, creme ed altre cose di prima necessità ma mancava il «manuale di istruzioni del bravo genitore» (non l'hanno ancora stampato) e, quindi, abbiamo dovuto arrangiarci e cercare di fare del nostro meglio per affrontare una vita che nessuno ci aveva insegnato prima.
Ora ti dobbiamo lasciare ma vorremmo chiederti un ultimo piacere. Tu che ti sei tanto prodigato e speso per i tuoi amici, prova a far capire che noi genitori non siamo quella «palla al piede» che loro pensano, che quello che facciamo e diciamo non è per darvi fastidio e per ostacolarvi, che se vi chiediamo «cosa c'è» non è per farci gli affari vostri ma solo perché siamo preoccupati per voi. Noi siamo sempre qua ad aspettare che voi vi degnate di parlarci, di farci sapere cosa avete intenzione di fare, manifestarci i vostri problemi per poterne discutere assieme. Sarebbe un ultimo grande regalo che faresti a tutti noi genitori.
Grazie Fede. Mamma e papà».